lunedì 27 novembre 2017

Zio Titus risolve un caso - seconda puntata

Zio Titus, potrebbe anche essere fatto così!
Ed eccoci alla seconda puntata della nuova fanfiction originale del blog Giallo dei Ragazzi! Ma voi vi rendete conto che ho dovuto tartassare il molto misterioso Arthur Robertson per più di due anni, per ottenere questo straordinario risultato? E voi come mi ringraziate? Iscrivetevi tutti quanti al blog, avanti marsh! Qual è la spiegazione delle misteriose stranezze in cui si sono imbattuti Titus Jones e Konrad? Scopriamolo insieme leggendo questa seconda parte di quella che mi risulta essere la seconda fanfiction mai pubblicata in italiano sui Tre Investigatori. La prima pure la trovate qui, su questo blog! E ora, buona lettura!





2

− Cosa fanno? − chiese Titus, senza girarsi, mentre sollevava la cornetta del telefono per verificare che funzionasse. La cabina era male in arnese e i vetri erano crepati. Ma il segnale di linea telefonica libera c’era.
− Niente, − rispose Konrad. − Continuano a fare avanti e indietro fra il camion e il negozio. Non badano a noi.
Titus si mise allora ad esplorare le numerose tasche della salopette di jeans che usava come abito da lavoro, e che quindi in pratica indossava sempre, tranne quando era a letto a dormire o in pochi altre occasioni. Di solito le sue tasche erano una miniera di spiccioli, il che mandava in bestia Mathilda Jones quando doveva fare il bucato − e questa era una delle rare occasioni in cui Titus non poteva indossare la sua salopette − ma stavolta aveva trovato ben poco. Konrad, da parte sua, aveva in tasca mezzo dollaro e lo aveva messo a disposizione. Titus contò tutte le monetine, reputò che fossero sufficienti e le inserì nell’apparecchio telefonico. 
− Pronto? − gracchiò Mathilda Jones attraverso il malandato ricevitore della cabina.
− Mathilda, sono, io, Titus. Passami Jupe, per favore. In fretta!
− Jupiter? In fretta? Non ti ricordi che oggi i ragazzi sono a casa di Bob Andrews? Devono studiare per il compito di matematica di domani!
−  Ah, già, è vero! Me ne ero...
− Titus Andronicus Jones! Ti stai rimbambendo sempre più velocemente! Eppure ieri sera Jupiter te lo ha detto e ripetuto! Se tu non pensassi sempre e solo agli affari tuoi...  
Titus si rammaricò di aver prestato il fianco alla solita interminabile reprimenda della moglie. Tentò, per quanto possibile, di smorzarla sfoderando il tono di voce più gentile e musicale possibile:
− Mathilda cara, ho urgenza di contattare Jupe e non ho sottomano il numero di telefono degli Andrews, potresti gentilmente cercarmelo, per favore?
− Eh! Certo! Tutti quanti subito ai tuoi ordini! Che importa cosa stavo facendo io? Vado subito a prendertelo: avanti marsch!
− Per favore, cara, potresti sbrigarti? − continuò Titus. − Ho pochi spiccioli e non so se...
Ma la moglie era già andata a cercare il numero, e non stava più ad ascoltare. Titus allora si rivolse a Konrad:
− Hai una matita? Hai un pezzo di carta?
Di fronte al doppio diniego del tedescone, Titus si mise di nuovo a esplorare freneticamente le tasche con la mano libera. Seminò sul pavimento della cabina telefonica due bottoni, un tappo di bottiglia, un’altra monetina che era sfuggita al primo setaccio, e che Konrad subito raccolse e infilò nell’apparecchio, finché finalmente saltò fuori un mozzicone di matita. Ma pezzi di carta non ne riuscì a trovare, per cui quando finalmente Mathilda fu di ritorno e snocciolò i numeri, dovette scribacchiarli faticosamente all’insù sul bordo di uno dei montanti di alluminio della cabina. Poi, temendo di non aver abbastanza tempo, troncò ogni convenevole e attaccò, mentre Mathilda ancora parlava, sempre rimproverandolo di qualcosa. Quindi, sperando che gli spiccioli inseriti nell’apparecchio bastassero, compose il numero degli Andrews.
Fu Bob stesso a rispondere:
− Pronto?
− Bob! Sono Titus Jones! Passami Jupiter! Im-me-dia-ta-men-te!
Bob evidentemente recepì il messaggio, perché Titus e Konrad lo udirono chiamare ad alta voce: − Jupe, è per te! È tuo zio Titus, e sembra sia una cosa importante!
E finalmente Titus Jones poté udire la voce del suo vulcanico nipote:
− Zio Titus?                  
− Jupe! Stammi a sentire: ci sono degli uomini con un camion parcheggiato davanti a un negozio in ristrutturazione, che fanno avanti e indietro con dei mobili, portandoli dal camion al negozio e poi di nuovo sul camion, e avanti così per delle ore. E poi...
− Ma cos’è? Un quiz? Un indovinello?
− No, Jupe! Sta accadendo qui, davanti a noi! E...
− È una cosa molto strana!  
− Lo so da me! È per questo che ti telefono! Che significa, secondo te? E poi...
− Questi mobili sembrano stranamente pesanti?
− Non lo so: usano un carrello per spostarli. Ma...
− Bisognerebbe controllare se dentro questi mobili stanno in realtà trasportando qualcosa...
− Jupe! Sto cercando di dirtelo da un pezzo: un cassetto si è aperto e abbiamo visto che dentro c’erano dei calcinacci!
− Dei calcinacci?
− Sì: pezzi di cemento, mattoni rotti...
− Hmmm. Questo è davvero interessante...
− Ma tutto questo ha un senso, per te?
− Forse sì... Cosa c’è nel palazzo in questione?
− Un grosso negozio vuoto, in ristrutturazione.
− Oltre a quello, intendo.
− Non lo so. Noi da qui vediamo solo il lato del negozio.
− Hmmm... Sai che dovresti fare, zio?
− No! Dimmelo tu! Sei tu l’esperto di misteri, in famiglia, o no? Ti ho telefonato per questo!
− Fai un giro, controlla il palazzo, vedi che altro c’è sugli altri lati. E poi richiamami.
− Ok, − fece appena in tempo a dire Titus, prima che la linea cadesse. Quindi riappese il ricevitore e mormorò:
− Non so come farò a richiamarlo, ora che abbiamo finito le monete. Comunque, diamo retta a Jupe. Vieni, Konrad, facciamoci una passeggiata intorno all’isolato. Mi raccomando, aria indifferente... Come se niente fosse...
Il gigante biondo si infilò le mani in tasca e seguì Titus. Per darsi un contegno si mise anche a fischiettare, ma Titus lo zittì col dito davanti alla bocca, temendo che comportandosi in quel modo sarebbero risultati ancor più sospetti.
− Smettila di fischiare: sembri una locomotiva! Facciamo finta di chiacchierare del più e del meno, invece!
− Come si fa a far finta di chiacchierare, Mr. Jones?
− Proprio così, come stiamo facendo adesso.

Man mano che completavano il giro dell’isolato, Titus notò che il quartiere prendeva tutto un altro aspetto. La parte desolata e in stato di totale abbandono lasciava gradualmente il posto a marciapiedi e muri puliti e ben curati. Il viale era ampio e signorile, e sull’altro lato della strada si aprivano alcune vetrine di negozi, chiusi da grate perché era domenica, ma dall’aspetto prospero. E giunti finalmente sul lato opposto, vide le insegne di una grande banca. Ecco cosa c’era dall’altra parte.
A quel punto Titus udì di nuovo il suono lontano del martello pneumatico. Era tutta la mattina che lo sentiva, ma solo adesso gli venne in mente che quel suono poteva anche non aver nulla a che fare con dei lavori stradali. Improvvisamente tutto prese forma nella sua mente: la banca, il martello pneumatico, il negozio in disuso sul retro, i calcinacci trasportati sul camion nascosti dentro ai mobili...
− Torniamo indietro! Andiamo alla cabina telefonica!
− Ma come facciamo a telefonare a Jupe? Abbiamo finito gli spiccioli!
− Non dobbiamo chiamare Jupiter, dobbiamo chiamare la polizia!
I due girarono sui tacchi e tornarono indietro a passo svelto. Titus armeggiò col telefono: doveva sempre essere possibile fare una chiamata a un numero di emergenza da una cabina pubblica, anche senza soldi. Ma come fare a ottenere la linea? Provò più volte a pigiare la leva, premette i vari bottoni: niente da fare, non gli riusciva di farlo funzionare.
A un certo punto Konrad iniziò a bussare sulla porta della cabina. Titus si girò e lo vide indicare due uomini che si avvicinavano a passo svelto. Erano i due operai che avevano passato la mattina a trasportare i mobili avanti e indietro. Dovevano averli notati ed essersi insospettiti, perché avevano un’aria a dir poco battagliera. Titus capì che probabilmente erano armati e pronti a tutto, e che quindi non c’era tempo da perdere. Sgusciò fuori dalla cabina telefonica e disse a Konrad:
− Via! Scappiamo!
Si misero a correre lungo la strada, e i due malviventi dietro. Titus capì che Konrad avrebbe potuto correre molto più velocemente di lui, quindi gli disse:
− Corri! Torna all’Hotel! Forse Mr. Adams è ancora lì: vai nel suo ufficio e telefona alla polizia!
− E lei, Mr. Jones?
− Io fermerò quei due... In qualche modo.


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